La situazione della disoccupazione in Spagna continua a peggiorare, raggiungendo livelli drammatici mai toccati nella sua storia. A cinque anni dall’inizio della crisi, il numero di disoccupati è salito al massimo storico di 5 milioni e 778 mila persone secondo i dati pubblicati oggi dall’Istituto Nazionale di Statistica spagnolo (INE). Nell’ultimo anno sono stati distrutti quasi 836 mila posti di lavoro.
Fra luglio e settembre del 2012 c’è stata una ulteriore crescita del “paro” (disoccupazione in spagnolo), nonostante solitamente i mesi estivi segnino un piccolo aumento dell’occupazione grazie ai lavori legati al turismo. Il valore percentuale è ora di 25,02%, il che significa che ogni quattro spagnoli sopra i 16 anni considerati attivi ce n’è uno senza lavoro.
Ogni quattro spagnoli sopra i 16 anni considerati attivi ce n’è uno senza lavoro
Il sondaggio dell’INE mette in luce la presenza in Spagna, su circa 38 milioni di persone al di sopra dei 16 anni, di 23 milioni di persone attive (cioè che lavorano o sono attivamente alla ricerca di un lavoro) e 15 milioni di inattivi (studenti, pensionati e le persone che non lavorano e non cercano lavoro).
È sui 23 milioni di persone attive che viene calcolata la percentuale di disoccupazione: 5 milioni e 800 mila disoccupati rispetto a 17 milioni di persone occupate. Ecco dunque il terribile 25% a cui si è arrivati.
Andalusia, Canarie ed Estremadura le regioni con più disoccupati
Le regioni spagnole dove la situazione è peggiore sono l’Andalusia, le isole Canarie e l’Estremadura, dove la disoccupazione supera il 32%.

La disoccupazione è molto alta anche nella Comunità di Valencia, dove i senza lavoro sono il 28%, nelle città di Ceuta e Melilla, situate in territorio africano, dove arriva al 40% (le due città restano però ugualmente una meta ambitissima dai nord africani che tentano di varcare il confine).
Le situazioni “migliori” si registrano invece nei Paesi Baschi (15,5%), nella Navarra, in Cantabria e nella Comunità di Madrid (dove la disoccupazione è comunque elevatissima, al 18,5%).
Le diminuzioni di lavoro più forti negli ultimi tre mesi si sono registrate in Catalogna, Andalusia e a Madrid.
Disoccupazione in Italia al 10,7%, ma è un dato reale?
Decisamente più bassa la disoccupazione in Italia, che ad agosto 2012 ha toccato secondo l’ISTAT (l’istituto di statistica italiano) la percentuale del 10,7% e che si prevede crescerà ancora ben oltre l’11% nel 2013. Tuttavia vi sono discussioni in atto sulla reale percentuale di senza lavoro in Italia. Secondo uno studio dell’Ires-CGIL, la percentuale di disoccupazione nello stivale si situerebbe su valori ben maggiori di quelli diffusi dall’Istat: si parlerebbe di una disoccupazione intorno al 17-18%. In sostanza “l’errore” di conteggio nelle statistiche ufficiali sarebbe dovuto al non conteggio dei cassintegrati (che figurano come occupati) e delle persone che non cercano lavoro in maniera continua.
La definizione di disoccupato secondo gli standard internazionali è infatti colui che nelle 4 settimane precedenti all’intervista, ha cercato attivamente lavoro. Esistono studi che criticano questa classificazione in quanto non terrebbe conto delle persone che cercano lavoro con una frequenza minore, cosa che avviene in maggior misura al sud Italia e legato a motivi sociali, demografici e di istruzione. Inoltre lasciare fuori dal conteggio chi non cerca lavoro, spesso per motivi legati alle forti difficoltà di trovarlo, non dà una fotografia reale della situazione sociale del paese.
Da segnalare che in Italia il numero di NEETs (not in Education, Employment or Training), cioè persone fra i 15 e i 29 anni che non studiano nè lavorano e che non si formano, è fra i più alti d’Europa con un tasso del 23%, mentre in Spagna è ugualmente altissimo al 21%.
A supporto della teoria che la disoccupazione in Italia sia ben maggiore di quella del 10,7% stimata dall’ISTAT, c’è il tasso di occupazione, che risulta molto basso rispetto alla media europea.
Ci sarebbe poi da parlare del significato di persona occupata, che per gli standard internazionali è un soggetto che ha lavorato almeno 1 ora nella settimana precedente l’intervista. Risultano dunque come occupate persone che lavorano pochi giorni al mese.
La quantificazione in numeri delle realtà sociali non è cosa facile. Ciò che emerge però è una situazione peggiore ancora di quella disegnata dalle statistiche ufficiali.
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