Passano gli anni ma l’Italia resta indietro. Già alle elezioni politiche del 2008 si era sollevato il problema della impossibilità da parte degli studenti Erasmus (e di tutti gli studenti e dottorandi fuorisede all’estero, oltre che ricercatori, personale attivo nel servizio civile eccetera) di votare per corrispondenza dai paesi esteri in cui si trovavano.
L’unica soluzione allora era il ritorno in patria, e continua ad essere così. Tornare in patria per mettere la scheda nell’urna in occasione di importanti elezioni politiche: una azione che agli occhi dei coetanei di altri paesi dell’Unione Europea è assurdo visto che nella maggior parte è previsto il voto per corrispondenza presso le sedi consolari.
Nel 2013, passati 5 anni, il problema si ripresenta. Gli studenti Erasmus italiani sparsi in tutta Europa, circa 20 mila, così come i tanti studenti e dottorandi fuorisede, non potranno votare per corrispondenza alle elezioni del 24 e 25 febbraio 2013. “Per noi Erasmus c’è il divieto al voto”, denunciano. Gli unici italiani all’estero che possono votare a distanza sono infatti quelli residenti all’estero iscritti all’Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), oltre a militari, poliziotti, dipendenti di amministrazioni dello stato e professori universitari che nei giorni del voto si trovino fuori sede. Gli studenti temporaneamente all’estero e quindi senza residenza, non hanno questo diritto.
Perciò, o si torna in patria, spendendo soldi, oppure niente voto. Un fatto che molti studenti stanno duramente contestando anche attraverso una pagina Facebook creata ad hoc e con petizioni on-line.
Il Ministro Cancellieri ha però escluso oggi ogni possibilità di voto dall’estero per studenti Erasmus, in quanto -ha affermato durante una iniziativa pubblica svoltasi a Palermo – “ci vorrebbe una legge ad hoc che non è mai stata fatta”.
Possibile che nell’era di internet e delle comunicazioni rapide a distanza, si debba ancora viaggiare migliaia di chilometri per esprimere il proprio voto?
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