Il 5 maggio 2015 sarà ricordato in Italia come il giorno della protesta più importante che i lavoratori della scuola pubblica abbiano realizzato negli ultimi 8 anni. Uno sciopero generale che ha paralizzato per una giornata le scuole pubbliche del paese.
Era dai tempi delle “riforme” dell’istruzione pubblica dei ministri di Berlusconi che non si vedevano tanti professori e studenti manifestare uniti nelle strade delle città italiane.
Lo sciopero generale, convocato per la prima volta dopo tanti anni di divisioni in maniera unitaria, da parte dei sindacati, ha visto un’alta partecipazione: 80% secondo i dati della CGIL, maggior sindacato italiano.
Classi vuote in tutto il paese
Le classi sono rimaste vuote in molte scuole italiane anche per l’assenza degli studenti, che hanno preso parte in massa alle manifestazioni cittadine. A Roma erano in 25 mila, 20 mila a Milano (in una protesta che si è svolta in modo pacifico dopo i pesanti disordini del primo maggio scorso), 15 mila a Bari, 5 mila a Cagliari, 10 mila a Palermo, 5 mila a Catania, con un totale di almeno 500.000 manifestanti in tutto il paese.
Professori e studenti hanno manifestato contro la riforma dell’istruzione pubblica battezzata “La Buona Scuola” dal governo Renzi. Una riforma che prevede fra le varie cose un aumento di potere per i presidi, la possibilità di dare il 5 per mille alle singole scuole e sgravi per le scuole private paritarie (questi i punti più controversi).
La scuola italiana ha manifestato anche per dire basta alla cronica mancanza di finanziamenti. Sono anni che i governi tagliano i finanziamenti all’istruzione pubblica, gli stipendi dei docenti italiani restano fra i più bassi d’Europa ed i centri di tutto il paese hanno carenza di fondi per laboratori ed attività pratiche. Inoltre resta gravissima la situazione di degrado di molti edifici scolastici, resa evidente dal moltiplicarsi di casi di cedimento di controsoffitti, cornicioni, danni di altro tipo. Nel disegno di legge “la Buona Scuola” è previsto uno stanziamento importante, giudicato però non soddisfacente.
Alla fine della giornata di proteste il presidente del Governo Matteo Renzi ha affermato che ascolterà i docenti, ma che proseguirà sulla sua strada “per il cambiamento”.
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