Ricorre ogni 15 ottobre l’anniversario della fucilazione di Lluis Companys i Jover durante la dittatura fascista di Francisco Franco, in Spagna.
Nato a Barcellona nel 1882, leader del partito Esquerra Republicana de Catalunya (ERC), fu Presidente della Catalogna nel 1934 e durante la guerra civile spagnola.
Proclamò lo stato sovrano della Catalogna all’interno della repubblica federale spagnola, il 6 ottobre del 1934, in un quadro di forti tensioni seguite alla vittoria delle destre.
Venne arrestato dalle autorità della Repubblica spagnola e condannato a 30 anni di carcere
Scontò 1 anno e mezzo di prigione, poi nel 1936 tornò alla guida del Governo della Catalogna, fino al 1939. Fuggì in Francia dopo la vittoria dei franchisti nella guerra civile.
Nel 1934 aveva proclamato lo stato sovrano di Catalogna all’interno della Repubblica federale spagnola
In esilio dopo il termine della guerra, venne catturato a Perpignan dalla polizia segreta nazista con la collaborazione dell’Ambasciata francese, portato in Spagna e fucilato dai militari franchisti all’alba del 15 ottobre 1940, nel fossato di Santa Eulàlia del castello di Montjuïc.
Lluis Companys non era stato soltanto Presidente della Generalitat de Catalunya durante la II Repubblica spagnola, ma anche Ministro della Marina nella fase repubblicana.
Fucilato dal regime franchista il 15 ottobre 1940
Fu temporaneamente sindaco di Barcellona, nel breve periodo fra la dittatura di Primo de Rivera e la Guerra Civile. Lavorò alla stesura della Costituzione repubblicana e votò a favore del suffragio universale, che permetteva il voto anche alle donne.

L’esecuzione di Lluis Companys fu un chiaro segnale mandato da Franco a tutti i repubblicani usciti sconfitti dalla guerra civile: non solo la gente comune ma anche i leader ed i politici democraticamente eletti venivano giustiziati.
Negli anni ’90 i presidenti di Germania e Francia hanno chiesto perdono per la consegna di Companys alla polizia spagnola in quel lontano 1940.
Dalla restaurazione della democrazia nel 1975, il partito di Companys, Esquerra Republicana, lotta affinché venga annullato il consiglio di guerra che portò l’ex presidente repubblicano alla fucilazione.
In Spagna infatti i tribunali di guerra non sono mai stati dichiarati illegali bensì soltanto “illegittimi” (grazie alla Ley de Memoria Historica voluta da Zapatero nel 2008).
Ciò porta anche ad un’altra aberrazione, per un paese democratico: le vittime della dittatura franchista non sono riconosciute come tali, e non possono far uso dei loro diritti civili e democratici per denunciare lo Stato ed ottenere risarcimenti.
Per questo in molti, e la stessa ERC, si sono appellati ad esempio alla Giustizia argentina per essere risarciti dallo stato spagnolo.
Le celebrazioni del 15 ottobre 2015
Quest’anno le celebrazioni in memoria di Lluis Companys hanno acquistato una forte valenza politica per la concomitanza con la prima seduta del processo all’attuale presidente della Catalogna, Artur Mas.
Il politico catalano, la cui coalizione ha ricevuto il 39,5% dei voti alle elezioni dello scorso 27 settembre 2015, è stato infatti imputato per aver convocato il referendum sull’indipendenza della catalogna il 9 novembre 2014.
Le accuse ad Artur Mas sono gravi: disobbedienza al Tribunale Costituzionale (il quale aveva decretato illegale il referendum), usurpazione delle funzioni pubbliche, prevaricazione amministrativa e malversazione. Insieme a lui sono imputate anche la Consifgliera all’Educazione Irene Rigau e l’ex vicepresidente Joana Ortega.
Molti analisti hanno commentato che questa imputazione contro Mas non fa altro che aumentarne la popolarità in una fase delicatissima della storia della Catalogna. Alle elezioni del 27 settembre quasi la metà degli aventi diritti al voto ha votato a favore dell’indipendenza, e il continuo “fare muro” dello Stato spagnolo nei confronti dei partiti e movimenti indipendentisti non fa altro che infuocare il clima.
Proprio oggi migliaia di manifestanti si sono riuniti davanti al Tribunale dove Mas si è recato stamattina, acclamandolo al grido di “Indipendenza!”
Lorenzo Pasqualini
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