27 ottobre 1972, la mafia uccide in Sicilia il giornalista Giovanni Spampinato

giovanni_spampinatoLa sera del 27 ottobre 1972 veniva ucciso a Ragusa, in Sicilia, il giornalista Giovanni Spampinato. Il giorno della sua uccisione non aveva ancora compiuto 26 anni.

Spampinato fu a partire dagli ultimi anni sessanta corrispondente dalla sua città del giornale L’Ora di Palermo, e de l’Unità. Le sue inchieste vertevano soprattutto sui legami fra neofascismo italiano ed internazionale e criminalità organizzata. Arrivò a individuare legami fra la destra neofascista siciliana con i fautori della strategia della tensione, gli stessi che provocarono la strage di piazza Fontana il 12 dicembre 1969, e con la criminalità organizzata siciliana.

Qui sotto un paragrafo sulla sua storia, tratto dal sito www.giovannispampinato.it:

Giovanni Spampinato si era affermato con un’ampia e approfondita inchiesta a puntate sul neofascismo in Sicilia, pubblicata con grande rilievo dal quotidiano L’Ora di Palermo. Il giovane cronista aveva documentato le attività clandestine delle organizzazioni di estrema destra locale ed i loro rapporti con la criminalità locale e organizzata che nel Sud-Est della Sicilia controllava i traffici illeciti di opere d’arte, armi, sigarette e droga. Aveva inoltre documentato le relazioni di quella destra locale con alcuni esponenti di primo piano del fascismo eversivo nazionale e internazionale, fautori di quella strategia della tensione che già nel ’69 a Milano aveva provocato la strage di piazza Fontana. Le sue inchieste erano state condotte con un lavoro sul campo, con l’ausilio di numerosi fonti non ufficiali e in collaborazione con l’equipe di giornalisti ed avvocati che nell’estate del 1970 pubblico’ il libro-inchiesta “La strage di Stato”.

Qui sotto un brano tratto da un articolo dell’AGI, Agenzia Giornalistica Italia, dedicato a Spampinato nel 43° anniversario della sua uccisione.

“Del suo lavoro Giovanni aveva un’idea altissima, generosa e nobile. Non si tiro’ indietro al ruolo di custode del racconto e del giornalismo imparziale e libero. Non scese mai a patti con la sua coscienza e assolveva al ruolo di raccontare ed informare la sua comunita’, anche se cio’ poteva costare care”, dice Paolo Borrometi, collaboratore dell’Agi e direttore del sito laspia.it, minacciato di morte dalla mafia ragusana e da oltre un anno sotto scorta. “Giovanni pagò con la sua vita il prezzo del proprio lavoro. Eppure ancora oggi, a distanza di 43 anni dalla sua morte, ci sono tanti aspetti poco chiari su questo omicidio. Giovanni e’ un martire dimenticato perche’ vergognosa, inoltre, è la mancanza di memoria della sua provincia, Ragusa, che non lo ricorda, o fa finta di ricordare. Perche’ ricordare, spesso, è scomodo. Quindi meglio dimenticare. Giovanni non arretrò – afferma Borrometi – nemmeno quando si trattò di pubblicare il nome di un intoccabile: quel Roberto Cambria che poi sarebbe stato il suo carnefice. Da quella tragica serata sono passati quarantatrè anni, ma in quella terra c’e’ ancora chi sostiene che, in fondo, “Giovanni se l’è cercata”. “Non si può continuare a scambiare i carnefici per vittime” dice ancora Borrometi, “Bisogna ripristinarne la memoria. Lo si deve a Giovanni, alla sua famiglia e ad una intera collettività che merita di ricordare un eroe normale, da spiegare ai giovani perché possano avere proprio lui come modello positivo”. (AGI)

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