Rischio tsunami: esercitazione congiunta fra Spagna, Portogallo e Marocco




tsunami_spagna-Il 10 e 11 novembre 2015 si terrà in Spagna una grande esercitazione per testare i meccanismi di allerta e di coordinamento dei soccorsi in caso di tsunami. Il nome di questa grande operazione è Westsunami 2015 e coinvolge i sistemi di Protezione Civile di Spagna, Portogallo e Marocco. In Spagna le regioni in prima linea in questa grande prova di prevenzione saranno l’Andalusia e le Canarie.

Verrà simulato uno scenario possibile, già accaduto in passato: un forte terremoto al largo delle coste della penisola iberica e dell’Africa nord occidentale, vicino all’epicentro del sisma che sconvolse Lisbona nel 1755. Non bisogna dimenticare che nella distruzione di Lisbona e di diverse aree costiere fino all’Andalusia, intervenne uno tsunami che causò migliaia di vittime.

Il terremoto di Lisbona del 1°novembre 1755
L’epicentro del terremoto di Lisbona del 1°novembre 1755, che causò uno tsunami

Durante la prova verrà verificata la capacità di ogni singolo paese nella fase di allerta, verranno testati i procedimenti da mettere in atto, l’allerta dei servizi di soccorso, il coordinamento con le agenzie di allerta europee e con il Servizio Satellitare Europeo.

Il rischio tsunami in Spagna

Il rischio tsunami in Spagna interessa le aree costiere mediterranee, dalla Catalogna all’Andalusia (comprendendo anche le Baleari), e l’area atlantica dell’Andalusia. Anche in Portogallo le aree considerate a rischio sono quelle lungo l’Atlantico. La costa cantabrica e la costa nord del Portogallo non sono considerate a rischio, per l’assenza di zone sismiche vicine. Non sempre però gli tsunami sono originati da terremoti: possono essere causati a livello locale da frane sottomarine, eruzioni di vuolcani sottomarini.

Secondo uno studio di ricercatori europei effettuato negli anni scorsi, le aree del Mediterraneo più esposte sono le coste della Grecia e quelle dell’Italia, specialmente quelle calabro- siciliane, colpite in passato dal maggior numero di maremoti. Sono esposti al rischio anche i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente che si affacciano sul Mediterraneo, oltre alle coste del Portogallo e della Spagna meridionale, sia quelle atlantiche che quelle mediterranee.

Tsunami nel Mediterraneo

Gli tsunami nel Mediterraneo sono meno frequenti di quanto non siano in altre aree del mondo, ma costituiscono una potenziale minaccia per milioni di persone. Proprio la minor frequenza (in media uno tsunami ogni 100 anni nell’area mediterranea) è all’origine della minor attenzione degli europei verso i maremoti.

I ricercatori sono al lavoro da anni per approfondire le conoscenze sugli tsunami nell’area europea e nord africana. Da una parte utilizzano testimonianze storiche prese da libri e cronache antiche per risalire ad antichi maremoti avvenuti nei secoli e nei millenni passati. Si tratta di un lavoro fondamentale perché ci permette di capire cosa possiamo aspettarci nel futuro e qual’è la frequenza approssimativa con cui questi fenomeni si ripetono.

 




 

Il secondo fronte di studio è quello più complesso della modellazione numerica, che permette di prevedere come possono svilupparsi gli tsunami a seconda del luogo in cui si verifica il sisma e quali zone costiere sono le più a rischio. Un lavoro complesso che deve considerare la sismicità (molto elevata nel Mediterraneo), la conformazione dei fondali marini, eccetera. Purtroppo questa fase di studio ha bisogno di essere ancora sviluppata. La zona del Mediterraneo è indietro su questo fronte, nonostante gli sforzi, e non è ancora attivo un sistema di allerta efficace come quello attivo nel Pacifico, in Sud America come nel Nord America.

Qui sotto, la mappa del rischio tsunami in Europa (ESPON, 2005)

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Come si formano i maremoti

La maggior parte dei maremoti si verifica a seguito di scosse sismiche molto potenti che avvengono al di sotto di fondali marini profondi. Queste caratteristiche sono presenti in tutto il settore meridionale del Mediterraneo fino all’Atlantico, dove le profondità del fondale sono alte e dove la placca tettonica africana “si scontra” con quella europea creando quindi una zona altamente sismica (con terremoti che possono arrivare a magnitudo 7.0 o superiori).

Maremoti del passato nel Mediterraneo: da Creta (1303) a Messina (1908)

Uno dei maremoti più distruttivi avvenuti nel Mediterraneo ha avuto luogo nel mar Egeo. Nel 1303 un forte terremoto verificatosi a largo di Creta generò enormi onde che oltre a colpire l’isola greca investirono le coste del Medio Oriente facendo gravi danni. Un altro fra i maremoti più distruttivi avvenuti nell’area europea fu quello che nel 1755 colpì le coste atlantiche del Portogallo e della Spagna del sud, devastando la città di Lisbona e facendo decine di migliaia di mortiin moltissime altre città e paesi situati sulla costa. A produrlo fu un violento terremoto verificatosi nell’Oceano Atlantico. Più recentemente altri maremoti, anche se per fortuna di più modesta entità, hanno colpito le coste greche (nel 1956 al largo dell’isola di Amorgos) e quelle dell’Algeria (nel 2003), facendo danni ma per fortuna poche vittime.

A provocare i maremoti però non sono soltanto le scosse sismiche. Alcuni dei maremoti più disastrosi che hanno colpito le coste mediterranee sono stati prodotti infatti da frane o esplosioni vulcaniche sottomarine. Intorno al 1600 a.C. ad esempio, l’esplosione e il successivo collasso del vulcano Santorini, nel Mar Egeo, provocò uno tsunami con onde che raggiunsero decine di metri di altezza investendo e devastando tutte le coste del Mediterraneo orientale. Sarebbe stato proprio questo evento distruttivo, secondo alcune teorie, a causare l’improvvisa scomparsa della civiltà Minoica a Creta.

Lo tsunami del dicembre 1908 a Messina e Reggio Calabria

tsunami_mediterraneanAnche il 28 dicembre 1908, in seguito al fortissimo terremoto che sconvolse Messina e Reggio Calabria, ci fu un maremoto. Le onde però non furono provocate dal violentissimo sisma bensì da una enorme frana sottomarina staccatasi a causa delle scosse. Alle migliaia di morti rimasti schiacciati dalle macerie, si aggiunsero quelli causati dall’arrivo dello tsunami, che raggiunse altezze di 13 metri sulle coste calabre. Il bilancio finale fu di oltre centomila morti. Il 6 febbraio 1783, nella stessa zona, era avvenuto un fatto simile: a Scilla, a seguito di un forte terremoto, si staccò una enorme frana che produsse onde anomale alte fino a 9 metri. I morti furono millecinquecento.

Anche nel 2002 ci fu un evento del genere a Stromboli, quando un’ enorme frana si staccò dal versante del vulcano precipitando in mare: l’onda anomala prodotto dallo spostamento dell’acqua  investì il porto facendo molti danni e alcune abitazioni furono distrutte. Gli abitanti riuscirono a salvarsi.

Altri tsunami in Italia sono avvenuti nei secoli passati nel Gargano, in Liguria, nelle Marche. Il lavoro di ricostruzione di questi eventi è stato fatto da una equipe di ricercatori italiani che sono risaliti indietro nel tempo attraverso documenti storici, creando una mappa delle zone colpite. In queste zone ci si deve aspettare nel futuro nuovi eventi, e prepararsi per prevenire i danni.

A destare preoccupazione non sono soltanto i terremoti sottomarini, ma anche frane sottomarine o esplosioni vulcaniche, tutti eventi molto probabili al largo delle nostre coste. Nel Tirreno meridionale sono infatti presenti numerosi vulcani sottomarini, come il Marsili, una cui eruzione potrebbe innescare frane e conseguentemente causare onde anomale. Desta inoltre preoccupazione la zona dell’Etna, dove già in passato si sono verificate mega-frane sottomarine: un gruppo di geologi ha scoperto che ottomila anni fa una enorme frana si staccò dal fianco orientale del vulcano siciliano  producendo uno tsunami enorme che colpì buona parte del bacino Mediterraneo.

Clicca qui per maggiori informazioni sui maremoti storici nel Mediterraneo ed area atlantica europea:

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