Il 20 maggio scorso, il giornale spagnolo El Paìs ha pubblicato un reportage dal titolo “La pequeña Italia también vota“. Nell’articolo, il giornalista Juan Diego Quesada racconta il suo “viaggio” nel quartiere madrileno di Chamberì, dove vivono molti italiani.
Il giornalista ha intervistato alcuni italiani intorno all’area del Liceo italiano e del Consolato, chiedendo cosa voteranno alle elezioni amministrative del 26 maggio. Gli italiani registrati all’anagrafe comunale infatti (empadronados) e che abbiano fatto richiesta di voto nelle liste del censo, possono votare infatti alle elezioni amministrative del 26M. Abbiamo contattato il giornalista Juan Diego Quesada e gli abbiamo fatto alcune domande sul suo reportage, sull’impressione avuta entrando in contatto con la comunità italiana di Chamberì, a Madrid.
L’intervista al giornalista de El Paìs, Juan Diego Quesada
Prima di tutto, che impressione ti ha dato parlare di politica con gli italiani che vivono a Madrid?
Come già mi avevano avvisato persone che conoscono la cultura italiana, ho trovato un gruppo di persone alle quali piaceva moltissimo parlare di politica. Gli spagnoli siamo più riservati quando si tratta di parlare in pubblico delle nostre preferenze politiche, in genere preferiamo lasciare il tema per l’ambito privato. Anche se in molti casi non conoscevano i nomi dei candidati, conoscevano i partiti politici e lo spettro ideologico che rappresentavano. Mi è sembrata gente informata.
La entrevista en castellano (versión original no traducida)
Hai trovato orientamenti politici diversi?
Sì, ho trovato di tutto. La maggior parte appoggiava Ciudadanos, ma capisco che molti degli italiani che vivono in Spagna hanno la loro propria impresa privata, ed il discorso di Ciudadanos è più permeabile per gli imprenditori.
Come mai hai scelto il quartiere madrileno di Chamberí per le tue domande?
Perché a Chamberí si trova il Liceo italiano ed il consolato. Intorno a queste istituzioni si è creata una piccola Italia dove qualsiasi madrileno che si avvicini si sentirà immediatamente trasportato a Roma.
A Madrid sta crescendo la presenza di italiani residenti: ci sono italiani in molti quartieri della città, non solo in centro. Questo boom di italiani in Spagna e a Madrid è una realtà che incuriosisce gli spagnoli?
È stata una immigrazione silenziosa, quasi inavvertibile per lo spagnolo medio. La presenza latinoamericana è stata molto più evidente, per fare un esempio. Ma da quando vivo a Chamberí è un fenomeno che ho identificato, fino ad allora era stato invisibile per me. Anche a Malaga, che è la città da cui vengo, hanno aperto molti negozi italiani recentemente: un negozio di biciclette, un ristorante di Poke, una pizzeria…
In generale, che sensazione ti ha dato parlare con gli italiani che vivono a Madrid: sono soddisfatti della città e dell’amministrazione di Manuela Carmena?
Ho avuto l’impressione che all’inizio fossero contrari a Carmena, identificandola con l’estrema sinistra o il comunismo, come cercano di screditarla i suoi rivali politici. Ma dopo quattro anni hanno visto che non sono state bruciate chiese e non sono stati mangiati bambini, anzi, Madrid ha continuato a modernizzarsi con azioni come Madrid Central, che limita il traffico nell’area centrale. Valorizzavano il carattere pragmatico della sindaca.
E che opinione davano del loro paese di provenienza, l’Italia?
Gli sembrava che la Spagna fosse un paese meglio organizzato dell’Italia, ma che in Italia c’era più immaginazione, disposizione all’avventura.
In generale gli italiani sono piuttosto critici con il loro paese, ti ha dato questa impressione? Ti hanno parlato di un peggioramento della qualità di vita in Italia?
Confrontavano Madrid con Roma. Vedevano Roma come una città più caotica e disorganizzata di Madrid. Ma era una critica fatta con affetto, come quello di una madre di fronte a un figlio ribelle. Non c’era amarezza dietro.
Lorenzo Pasqualini
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