In questo periodo di confinamento in casa è aumentato l’interesse per siti che si occupano di letteratura e, anche se non sempre è facile concentrarsi sulla lettura, alcuni classici sono stati riscoperti. Fra questi, in Italia come in Spagna, “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni e “Il Decamerone” di Giovanni Boccaccio, probabilmente perché in entrambi si parla di una pestilenza: quella del 1630 per ”I Promessi Sposi” e quella del 1347-48 per il “Decamerone”.
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Le epidemie di peste del passato non sono certo paragonabili per gravità alla pandemia attuale: ad ogni generazione spopolavano il mondo intero, in particolare in Europa causarono milioni di morti provocando un consistente calo demografico e danni gravissimi all’economia. I due libri comunque, oltre ad essere due capisaldi della letteratura italiana, danno diversi spunti di riflessione sulle dinamiche che si scatenano quando gli esseri umani sono sottoposti ad uno stress da pandemia.
Dei “Promessi Sposi” abbiamo già parlato qui, nel “Decamerone” invece Boccaccio immagina che nello sconvolgimento prodotto a Firenze dalla peste, sette ragazze e tre giovani abbandonino la città per ritirarsi nei loro poderi di campagna, dove cercare di sottrarsi al contagio, ma anche al disordine ed alla confusione che regnano in città, ricreando una micro società ordinata e idilliaca.
Il Decamerone di Boccaccio
Trascorrono così serenamente dieci giorni di svaghi, da cui il titolo dell’opera, dal greco deka, dieci e hemeron, di giorni, quindi “di dieci giorni”. Nel tardo pomeriggio di ogni giorno ciascuno racconta una novella su un tema stabilito a turno. Alcune novelle sono a tema libero, altre narrano del raggiungimento di traguardi difficili o di amori tragici, di amori difficili, ma con lieto fine, di motti saggi o arguti di personaggi fiorentini, di beffe fra donne e uomini, di imprese d’amore.
Ogni novella è autonoma dalle altre, anche se tutte sono legate legata dalla cornice in cui sono inserite. Tutte, sia quelle tragiche che quelle divertenti e scanzonate, possono darci, a distanza di tanti secoli, un piacevole intrattenimento.
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