MADRID. Qual è la situazione coronavirus in Spagna a metà giugno 2020? La situazione è molto migliore rispetto ai mesi di marzo e aprile. Adesso, con il paese ormai quasi tutto in fase 3 (ultimo gradino della “desescalada”, quindi la fase di riapertura dopo il lockdown), e a pochi giorni dalla fine dello stato di allarme (21 giugno), la preoccupazione è tutta rivolta ai “rebrotes”, i nuovi focolai di coronavirus.
Nel fine settimana ci sono state polemiche per gli assembramenti sulle spiagge di Barcellona. Focolai si sono registrati in due ospedali dei Paesi Baschi ed in case di riposo a Madrid e nelle Castiglie. Finora comunque questi focolai sono noti e circoscritti, ma le autorità invitano alla massima attenzione. C’è anche preoccupazione per l’imminente riapertura delle frontiere al turismo internazionale per i casi importati dall’estero.
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Il numero di casi di coronavirus in Spagna
I numeri ufficiali in Spagna, sono questi: 244.683 persone sono risultate positive ai test del coronavirus, e ci sono state 27.136 vittime.
Da metà maggio però su questi numeri ci sono dei problemi, perché è cambiato il sistema di conteggio. Nelle ultime settimane il Ministerio de Sanidad sta continuando infatti ad informare sui nuovi casi di contagio ma soltanto quelli degli ultimi 7 giorni, per un nuovo sistema di conteggio. Dalla settimana scorsa non sta aggiornando il numero delle vittime perché in attesa di aggiornare i dati per ogni territorio (sono le Comunità Autonome a informare sui casi in ogni regione).
I numeri del 17 giugno 2020
I numeri del 17 giugno parlano comunque di 141 nuovi contagi da coronavirus negli ultimi sette giorni, il doppio rispetto alla giornata precedente (il 16 giugno erano stati riportati 76 casi). 65 di questi casi sono stati rilevati a Madrid, 24 nella Castiglia e León e 23 in Catalogna. Ci sono poi oltre 4000 casi diagnosticati. Come dicevamo, c’è un po’ di confusione sui dati che vengono forniti, perché non confrontabili con quelli di marzo e aprile, per le modifiche nel sistema di conteggio.
Madrid resta la comunità autonoma spagnola con più casi rilevati finora, con 70.800 casi diagnosticati e 8.700 morti, seguita dalla Catalogna con circa 60.000 contagi confermati e 5.600 morti.
Bisogna ricordare che questi numeri si riferiscono ai casi noti su cui è stato fatto il test PCR. Uno studio epidemiologico in corso in Spagna su circa 70mila persone, sta rilevando che poco più del 5% della popolazione spagnola ha contratto il COVID-19, quindi oltre 2 milioni di persone sarebbero state contagiate.
Datos sobre #COVID19 en España, desde el primer caso inicial, actualizados a hoy 17 de junio:
▶Confirmados por PCR: 244.683
▶Fallecidos: 27.136Información por CC.AA.: https://t.co/dDnoFuR2BY#EsteVirusLoParamosUnidos pic.twitter.com/3VSKqc00sG
— Salud Pública (@SaludPublicaEs) June 17, 2020
I focolai negli ospedali dei Paesi Baschi
Nei Paesi Baschi c’è stata preoccupazione all’inizio di questa settimana per i focolai in due strutture ospedaliere, a Bilbao e Vitoria. Presso Basurto, a Bilbao e Txagorritxu, a Vitoria ci sono stati oltre 50 casi positivi. Ma il governo basco ha mostrato ottimismo informando che i focolai sono controllati e circoscritti. In questi ultimi giorni l’allarme sembra rientrato.
La virologa: “il virus circola più adesso che prima dello stato di allarme”
In Spagna in questi ultimi giorni la preoccupazione è tutta sui nuovi focolai e sulla possibile nuova ondata di contagi in autunno. Recentemente uno studio del governo della Catalogna ha ipotizzato una nuova ondata da ottobre, ma meno importante di quella vissuta fra marzo e maggio.
Sono però ancora troppe le incertezze e non si sa cosa accadrà nei prossimi mesi. Su El Paìs il 14 giugno un’intervista alla virologa Margarita del Val, nella quale si sottolinea come il virus circola in questi giorni “più di quanto non circolasse prima della dichiarazione dello stato di allerta” e che ora ci sono meno contagi grazie alle misure di distanziamento, alle mascherine ed al diffuso telelavoro.
La situazione a Madrid
Madrid è stata fin dall’inizio la regione spagnola più colpita. Lo ricordiamo, ci si riferisce a tutta la comunità autonoma di Madrid, la regione più densamente popolata in Spagna, con oltre 6 milioni e mezzo di abitanti, dove si trovano numerose città satelliti intorno alla capitale, tutte collegate fra loro da una fitta rete di collegamenti viari e ferroviari. E’ anche una regione dove è presente il più grande aeroporto d’Europa, Barajas (anche se da marzo la sua attività è ridotta al minimo).
Proprio qui si concentra l’attenzione delle autorità. In un articolo del giornale El Paìs pubblicato ieri si sottolinea la maggior incidenza dei nuovi casi di coronavirus in alcuni distretti della capitale ed in alcune città satelliti: sono le città di Leganés, Getafe e Torrejón de Ardoz, ma anche i distretti capitolini di Moratalaz, Retiro, Villaverde, Fuencarral-El Pardo. E’ qui che si concentra il maggior numero di nuovi casi.
C’è preoccupazione per eventuali nuovi casi nelle case di riposo madrilene, epicentro di un nuovo grave scandalo che investe in pieno il governo regionale della Ayuso (Partido Popular e Ciudadanos), per i pazienti non trasferiti in ospedale nei mesi peggiori della crisi.
La preoccupazione di Fernando Simón
Il Direttore del centro di coordinazione delle allerte ed emergenza sanitaria, Fernando Simón, uno dei volti diventati più famosi in questi mesi per le sue quotidiane conferenze stampa sulla situazione coronavirus, ha affermato ieri, 17 giugno, di essere preoccupato per la nuova ondata di contagi a Pechino, in Cina, perché è un riflesso di quello che può accadere in un paese che ha controllato l’epidemia.
Le riaperture
Con questi dati e con queste preoccupazioni la Spagna affronta la riapertura del paese. Oggi, 18 giugno, sono entrate nella fase 3 (ultimo gradino della “desescalada”) le province di Barcellona e Lleida, e dal 21 giugno finirà lo stato di allarme proclamato lo scorso 14 marzo e prorogato sei volte dalla maggioranza del Parlamento spagnolo.
A Barcellona, dove nel fine settimana c’era stata polemica per le spiagge urbane piene di gente, e dove la Guardia Urbana ha dovuto chiudere alcuni accessi per evitare assembramenti, si entra quindi questo giovedì nell’ultimo gradino di riaperture.
Restano ancora in fase 2 Madrid e altre province delle Castiglie. Sono rimaste le uniche, il resto del paese è in fase 3.
Riaprono le frontiere in Spagna
Il 21 giugno sarà anche il giorno della riapertura delle frontiere, tanto attesa anche da molti lettori del Itagnol. Da metà marzo era consentito muoversi solo per casi di urgenza, non c’erano voli (tranne i voli speciali organizzati dall’Unità di Crisi e dall’Ambasciata di Madrid), e anche i collegamenti marittimi e terrestri erano molto complicati.
La riapertura delle frontiere della Spagna doveva avvenire il 1° luglio (ne abbiamo parlato diffusamente), ed è stata poi anticipata al 21 giugno. L’Italia le ha riaperte già il 3 giugno, mentre il resto d’Europa il 15 giugno.
Niente più quarantena obbligatoria dal 21 giugno
Dal 21 giugno non sarà più obbligatoria neanche la quarantena di 14 giorni per chi entra nel paese. Resta attiva fino al 1° luglio la chiusura della frontiera fra Spagna e Portogallo.
Queste misure di riapertura, oltre a permettere finalmente il movimento dei residenti in Italia e Spagna che sono rimasti bloccati o separati dai propri cari a marzo nei rispettivi paesi, permetterà anche il rientro dei turisti. La Spagna, paese che nel 2019 ha contato 84 milioni di presenze straniere ed il cui settore turistico è un pilastro dell’economia nazionale, ha attivato dal 15 giugno dei corridoi fra Baleari e Germania permettendo l’ingresso anticipato nel paese a oltre diecimila tedeschi tedeschi.
Lunedì scorso i media spagnoli hanno dato grande risalto all’arrivo dei primi 189 turisti tedeschi nell’arcipelago baleare (poco colpito dall’epidemia), sottolineando l’importanza della ripartenza almeno parziale del turismo.
La paura dei casi importati
L’arrivo del turismo estero, se da un lato porta lavoro in una Spagna che si appresta a vivere una gravissima crisi economica e un forte aumento della disoccupazione, accende gli allarmi per i possibili casi importati. Ieri i giornali spagnoli hanno dato molto risalto al focolaio in una grande industria tedesca del settore della carne, con oltre 600 persone positive.
In questi giorni poi il governo della Comunità di Madrid, guidato da Isabel Ayuso, ha chiesto al presidente del governo Sànchez un “piano Barajas“, per controllare gli arrivi dei viaggiatori nell’aeroporto internazionale Adolfo Suarez.
Insomma, c’è preoccupazione per l’imminente riapertura del paese.
Il tempo della responsabilità individuale
In questo contesto di riaperture, con il coronavirus ancora circolando per il paese, il Ministero della Sanità spagnolo ha rinnovato l’appello alla responsabilità individuale dei cittadini. Il distanziamento sociale, l’uso delle mascherine (obbligatorio nei luoghi pubblici, sui mezzi di trasporto, nei negozi, e nella via pubblica se non si può garantire la distanza minima di 2 metri), e l’attenzione alle norme di igiene (soprattutto il frequente lavaggio delle mani), sono alcune delle raccomandazioni per impedire che la situazione torni ad essere critica.
Lorenzo Pasqualini
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