José de Ribera, il “truculento” Spagnoletto che impressionò Lord Byron

jusepe de ribera
Monumento a Ribera nella sua città natale, Játiva, in Spagna. (foto: wikimedia commons)

Poco si sa degli esordi come pittore di José de Ribera. Nato a Xàtiva (Comunità Valenciana) nel 1591, figlio di un calzolaio, si trasferì presto a Parma e successivamente a Roma dove divenne un fervente estimatore di Caravaggio, per stabilirsi poco dopo a Napoli, dove sarebbe stato conosciuto come Jusepe de Ribera o Lo Spagnoletto, per la sua bassa statura.

Lì fu scoperto dal viceré di Spagna, il duca di Osuna, e presto Felipe IV ammirò la sua opera al punto che oggi il Museo del Prado è pieno dei suoi dipinti.

È stato uno dei pittori che più hanno influenzato artisti come Velázquez o Murillo, ma il suo pennello è marcatamente straniero per il barocco spagnolo, trattando argomenti come la prostituzione, la miseria o temi dell’antichità e incorporando risorse marcatamente caravaggiste come il naturalismo e il chiaroscuro.

C’è chi si chiede se il gusto per il martirio e la tortura nel suo lavoro riflettano in parte la sua vita, poiché oltre ad essere un grande pittore, a Napoli divenne un grande usuraio, ricattatore e delinquente. Più tardi Lord Byron sarebbe arrivato a dire che lo spagnolo “imbevve il suo pennello con il sangue di tutti i santi”. Forse la fama intorno a José de Ribera non è vera, nessuna storia di un martire finisce bene, forse ad alimentarla fu l’invidia o la paura che uno straniero potesse offuscare grandi artisti come Guido Reni o Domenichino, o forse c’è del vero nella leggenda nera che lo precede.

L’unica certezza è che Ribera non ha lasciato nessuno indifferente, nemmeno Rembrandt o Matisse. Basta ammirare Ixion per capire la grandezza di questo autore e quanto poco compreso continui ad essere ancora oggi.

spagnoletto
Ixión, en su posición actual.

Basti considerare che fino al 2014 il Museo del Prado ha esposto questo dipinto in verticale, dove lo sguardo del satiro, (che per la prima volta cessa di essere la figura femminile di una furia), si fissa sullo spettatore; oggi invece è esposto in orizzontale, dando maggior risalto al condannato, che tuttavia appare a faccia in giù.

Per approfondire

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