Spagna, a gennaio ha compiuto due anni il primo governo di coalizione in 45 anni di democrazia

sanchez

MADRID. Il primo governo di coalizione della storia recente spagnola, il governo Sánchez bis, ha compiuto due anni ad inizio gennaio. Era infatti il 7 gennaio del 2020 quando si formò questo esecutivo di coalizione tra socialisti (PSOE) e Unidas Podemos (UP). La sua nascita non era per niente scontata, basti pensare a quanto era accaduto nel 2019, con le enormi difficoltà e litigi tra socialisti, Podemos e Izquierda Unida. Poi però, con il ritorno alle urne nel novembre 2019, le cose erano cambiate. La nascita di quel governo, che “all’italiana” potremmo chiamare “Sanchez bis” (c’era stato un altro governo guidato da Pedro Sanchez prima, ma stavolta unicamente formato dai socialisti), segnò una novità nel paese. Per la prima volta in Spagna si formava un governo di coalizione.

Emeroteca. 7 gennaio 2020. Spagna, Pedro Sánchez riceve la fiducia: per la prima volta un governo di coalizione, con ministri di Unidas Podemos

Le leggi approvate in due anni

Nel momento in cui questo governo si formò l’emergenza coronavirus non era ancora scoppiata, ma sarebbe esplosa pochissimo dopo. La pandemia ha dominato interamente i due anni del governo attuale. Sono stati anche due anni di forte “crispación” politica, cioè di tensione, con un livello di scontro tra blocco della destra e blocco della sinistra che non si vedeva da tempo, e che forse non si era mai visto in tanti anni di democrazia. Con il PP radicalizzato e chiuso a qualsiasi possibilità di trattativa con le sinistre, e con una estrema destra di Vox galvanizzata dai risultati del 2019 e delle elezioni locali successive, Sanchez potrebbe però aver beneficiato in parte di questa opposizione totale. Di fronte alla possibilità di un governo conservatore particolarmente spostato a destra, partiti regionali catalani e baschi (e non solo) con rappresentanza in Parlamento hanno appoggiato molte misure dell’attuale governo, consentendogli di sopravvivere.

47 leggi approvate in due anni, dall’eutanasia alla legge del “cambio climàtico”

Il fragile governo Sanchez, è riuscito quindi ad approvare un totale di 47 leggi, alcune delle quali hanno fatto parlare di sé anche all’estero, come il riconoscimento del diritto all’eutanasia. Bisogna citare poi gli interventi sui “rider”, i lavoratori del settore delle consegne a domicilio, le leggi sul cambiamento climatico e transizione energetica, e sulla violenza di genere, la “ley trans” e l’aumento del salario minimo, il blocco dei licenziamenti in pieno confinamento e la modifica della “ley de seguridad ciudadana” del PP, conosciuta dai critici come “legge bavaglio” (la ley mordaza).

La svolta dell’indulto ai leader catalani

Un intervento di questo governo che ha un forte peso visti gli eventi dell’ultimo decennio, è stato l’indulto ai leader catalani che si trovavano in carcere per il tentativo di secessione della Catalogna dell’autunno 2017. L’indulto ha contribuito a riportare la tensione Madrid-Catalogna su un binario di maggior normalità, ed ha di fatto diviso il fronte indipendentista, nel quale è emersa una parte molto più aperta al dialogo ed è rimasta isolata la parte più radicale, guidata da Puigdemont.

Febbraio 2022, la riforma del lavoro

Di questi ultimi giorni un nuovo traguardo dell’esecutivo di coalizione, la riforma del lavoro. L’accordo tra parti sociali era stato raggiunto a dicembre dopo mesi di trattative, ed il 3 febbraio è arrivato anche il “sì” del Parlamento. In realtà questa riforma è passata “per un soffio”, e grazie all’errore di un deputato del PP che ha votato “sì” per sbaglio. Altrimenti, la legge non sarebbe passata. Questo ha messo in evidenza un problema per il governo attuale, che ha visto venir meno l’appoggio di alcuni partiti che finora lo avevano appoggiato esternamente, come i catalani di ERC o i baschi di Eh-Bildu.

E ora? L’orizzonte del 2023

Ormai le elezioni politiche del 2023 non sono più lontanissime e ora bisognerà vedere come sarà l’ultima parte della legislatura. Le elezioni regionali in Castiglia e León e Andalusia saranno un termometro per capire come si sta orientando l’elettorato spagnolo. Salvo colpi di scena, l’attuale governo dovrebbe proseguire il suo percorso con l’appoggio esterno dei partiti regionali.

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