
Il direttore d’orchestra italiano Giacomo Sagripanti, uno dei più importanti della sua generazione nel panorama internazionale, debutta al Teatro Real di Madrid alla fine di maggio del 2023 dirigendo dieci recite de “Il Turco in Italia”, di Rossini. Le date previste sono: 31 maggio e 1, 2, 3, 4, 6, 7, 9, 11 e 12 giugno. Vi proponiamo un’intervista al direttore su questo importante appuntamento in Spagna.
Il maestro Giacomo Sagripanti debutta nel Teatro Real di Madrid con ‘Il turco in Italia’ di Rossini
Il Maestro Sagripanti è senza dubbio oggi uno dei più importanti direttori d’orchestra italiani, un habitué del calendario di teatri come La Scala di Milano, la Royal Opera House di Londra, la Wiener Staatsoper o l’Opéra National di Parigi. In Spagna ha diretto per diversi anni su palcoscenici come l’Opera ABAO di Bilbao, il Palau de les Arts di Valencia, il Teatro de la Maestranza di Siviglia, l’Opera di Oviedo o il Gran Teatre del Liceu di Barcellona. Il Teatro Real era l’ultimo degli importanti teatri spagnoli in cui Sagripanti non aveva ancora diretto. Quest’estate debutterà anche al Teatro Colón di Buenos Aires dirigendo Il Trovatore con il soprano Anna Netrebko e presto lo attende il debutto al Metropolitan Opera di New York.
A ormai pochi giorni dalla nuova produzione de “Il turco in Italia”, in coproduzione con la Lyon Opera e il New National Theatre Tokyo, con la firma, nella parte scenica, di Laurent Pelly, proponiamo qui di seguito l’intervista di Lorenzo Pasqualini al direttore Sagripanti.
Si può leggere l’intervista anche in spagnolo. Entrevista disponible en castellano, aquí.
L’intervista al direttore d’orchestra Giacomo Sagripanti
Ci troviamo qui nel Teatro Real, il prestigioso teatro dell’opera di Madrid, perché tra pochi giorni debutterai con “Il turco in Italia” di Rossini. Prima di parlare di questo importante debutto, ci puoi fare un quadro della tua storia e della tua traiettoria come direttore d’orchestra?
Io vengo da un piccolo paese delle Marche, i miei genitori non sono musicisti ma mi hanno istillato questa passione per la musica fin da piccolo e mio nonno era appassionato di opera. Pian piano poi ho iniziato a suonare pianoforte, mi sono appassionato ed ho incontrato insegnanti che mi hanno veramente acceso la passione, ed ho perseguito questa strada. Ho fatto studi in Italia, al Conservatorio, prima a Fermo, poi a Pesaro, poi Pescara, ed anche all’estero dove ho avuto esperienze come studente. Poi a Bologna ho avuto la fortuna di fare questa accademia che si chiama “Scuola dell’Opera”, dove mi hanno dato le prime opportunità per dirigere. E da lì è iniziato tutto, tredici anni fa, quando ho iniziato la mia carriera, a 27 anni, focalizzandomi sull’opera. Del resto l’Opera è materia di direttori italiani, visto che il repertorio operistico è per l’ottantacinque per cento italiano. Pian piano, dopo i primi anni, mi sono messo molto anche all’estero ed oggi il novanta per cento della mia attività si svolge fuori dall’Italia. Ho la fortuna di lavorare adesso a Parigi, Londra, Vienna, nei teatri più importanti al mondo, anche qui in Spagna, a Madrid.
Sei anche direttore titolare dell’Opera di Tbilisi, in Georgia.
Sì, a Tbilisi mi è stata concessa questa opportunità e la sfrutto per fare un po’ da apprendistato come direttore musicale se un giorno dovessi avere un teatro importante. È importante sapere come occuparsi di tutte le dinamiche di un teatro. Io finora sono sempre stato un direttore invitato, con contratti singoli. La figura invece del direttore musicale abbraccia più aree, dirige di più in quel teatro, più frequentemente, hai un contatto più diretto con tutte le tematiche artistiche di quel lavoro. Quindi è un lavoro anche di tipo organizzativo, di coordinazione, non solo artistico.
Stai per debuttare a Madrid, ma qui in Spagna hai diretto già in varie città.
Sì, mi pare di ricordare che la prima volta è stata a Siviglia, dove diressi una Cenerentola tanti anni fa. Poi sono stato a Valencia, a Barcellona diverse volte, prima anche a Oviedo, l’anno scorso anche a Bilbao. E quest’anno debutto anche a Madrid.
Cosa vuol dire debuttare a Madrid, dirigere nel prestigioso Teatro Real, il teatro dell’opera madrileno?
Il Teatro Real è un punto di riferimento internazionale, soprattutto in questi ultimi anni. È un teatro in continua crescita, la qualità artistica è sempre più alta. Joan Matabosch, che è il direttore artistico, ha fatto un lavoro eccezionale, ha avuto la fortuna di star qui molti anni e gli effetti si stanno vedendo adesso. I teatri sono macchine molto complesse, ci lavorano tante persone, ci sono tante professionalità. Prima di avere risultati deve passare del tempo, e se c’è un direttore che sta solo due o tre anni non si riesce a capire neanche la dinamica, a vedere i risultati. Se invece la direzione è a lungo termine si possono vedere, e ora a Madrid è il momento in cui si raccolgono i frutti. Il Teatro Real di Madrid è un punto di riferimento oggi, all’avanguardia in Europa, si può affiancare assolutamente ai teatri di Parigi, Londra, Vienna. Ci tenevo ad esibirmi qui, è una grande emozione, un nuovo tassello che si aggiunge alla carriera.
Come dicevamo ti sei esibito più volte in Spagna, com’è il pubblico spagnolo?
Il pubblico spagnolo si assomiglia molto a quello italiano. Anche al teatro, nell’opera, si vede questa affinità. Qui c’è una cultura abbastanza profonda per l’Opera, un po’ come per il calcio. Qui in Spagna sono pazzi per il calcio, come in Italia. Si capisce e si vede un’affinità, che si rispecchia anche nell’opera. Ad esempio, nei teatri di Vienna, o Parigi, dove c’è un pubblico di persone affezionate, di fan, vedo anche una maggior varietà, non ci sono solo parigini o viennesi nel pubblico. Qui invece vedi il calore del pubblico spagnolo, si sente che c’è un pubblico che capisce di opera, non sono turisti che passano a vedere, almeno la maggior parte. C’è un pubblico che non vuole solo i titoli turistici come La Bohème, o il Turandot, ma ha l’esigenza di qualcosa di nuovo. Il pubblico ha una cultura teatrale profonda.
Parlaci un po’ de “Il turco in Italia”.
È un parallelo dell'”Italiana in Algeri”, è un gioco di parole diciamo. L’opera è molto interessante, è un dramma buffo, raccoglie cioè un po’ tutto. Nella prima parte ha un tono più di commedia, poi diventa più seria, più drammatica. C’è un lieto fine ma il lieto fine è accompagnato da una consapevolezza…Il personaggio principale, Fiorilla, un soprano, incontra questo turco che viene in Italia e se ne innamora. Inizia quindi ad avere problemi con il marito napoletano; loro sono napoletani, l’opera si svolge a Napoli, anche se nella rappresentazione qui a Madrid l’ambientazione è più astratta. Alla fine Fiorilla capisce che sta sbagliando, quindi c’è una parte più profonda, sensibile del personaggio, nuova rispetto alla parte iniziale dove c’era un gioco di gelosie, punzecchiamenti vari. Quindi questa è la caratteristica principale, la particolarità. Poi ‘è la musica di Rossini, che è sempre una musica briosa, divertente.
Ci tengo ad aggiungere poi che è la prima volta nel mondo che viene fatto questa spettacolo con questa regia. Questa produzione, con la regia di Laurent Pelly, è coprodotta con Lione e Tokio. I teatri in sostanza si dividono i costi della produzione. Qui a Madrid però siamo i capifila, cioè i primi a presentare al pubblico questo spettacolo.
“Il turco in Italia” a Madrid non sarà ambientato a Napoli, quindi.
Sì, questa nuova produzione è resa più astratta nei luoghi, nell’ambientazione, ed anche nel tempo. Viene descritta come i fotoromanzi. Fioril è un’amante di questi fotoromanzi e si immagina questa storia così. La scenografia è quindi fatta da pagine di fotoromanzi dove i personaggi si animano dando vita alla storia del turco in Italia, in modo divertente. Il regista ha deciso di renderla astratta, quindi non è ambientata a Napoli come nella storia iniziale, non ci sarà il Vesuvio sullo sfondo.
Un invito al pubblico spagnolo e italiano qui a Madrid?
Sì, mi piacerebbe invitare gli spagnoli a vedere questa opera, è un titolo molto italiano ma anche molto spagnolo. So benissimo che entrambi questi pubblici, quello spagnolo e quello italiano, avranno molto piacere, perché è un’opera molto vicina a queste due culture. I temi trattati fanno parte un po’ dell’identità italiana e spagnola, che come sappiamo sono molto simili. Spero quindi che ci saranno molti spagnoli e italiani nel pubblico. Poi per me avere un pubblico italiano, uscire dal teatro e trovare italiani che ti parlano, ti chiedono, è sempre un emozione.
Sicuramente qui avrai occasione di incontrarli, gli italiani a Madrid sono in costante crescita. A proposito di italiani che vivono all’estero, tu vivi a Praga, quale ricchezza ti ha portato a vivere fuori dall’Italia?
Io mi sono trasferito a Praga per ragioni familiari, mia moglie è della Repubblica Ceca. Volevamo che le nostre figlie crescessero con entrambe le culture, quella italiana e quella ceca. In questo caso infatti, a differenza dell’italiana e della spagnola, le due culture sono molto diverse, e sono due lingue completamente diverse. Volevamo dare l’opportunità alle nostre figlie di integrarsi nella società ceca per avere un futuro più vario. Sicuramente posso dire che bisogna integrarsi. Da italiano all’estero posso dire che sono stato sempre accolto bene. Noi italiani nel bene e nel male abbiamo sempre un tratto distintivo all’estero. E uno dei tratti che secondo me ci distingue di più è la versatilità, l’apertura, il fatto di essere diplomatici se vuoi. Siamo sempre pronti, aperti, non siamo chiusi. E questa cosa mi ha sempre avvantaggiato. Sai che l’italiano è sempre qualcuno a cui sapersi rivolgere, al quale poter chiedere qualcosa. Poi ovviamente abbiamo anche i lati negativi, gli stereotipi dell’italiano, ma fondamentalmente poi sei sempre molto apprezzato perché il nostro paese ha una cultura e una storia unica. E come italiano all’estero sono sempre stato apprezzato, soprattutto nell’opera, e io faccio questa carriera nell’opera fondamentalmente perché sono italiano.
Lorenzo Pasqualini
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