Il 2015 è stato un anno ricco di colpi di scena ed eventi storici in Spagna, ma il 2016 non accenna ad essere da meno.
Oggi in Catalogna, dopo mesi di stallo e quando era ormai sicuro che ci sarebbero state elezioni anticipate, gli indipendentisti sono riusciti a trovare un accordo per eleggere il presidente del governo catalano. Era dalle elezioni regionali del 27 settembre scorso che in Catalogna c’era stallo.
Riassumendo, le due forze politiche indipendentiste Junts pel Sì e CUP, che insieme hanno ottenuto la maggioranza dei deputati, non si mettevano d’accordo su chi dovesse essere il prossimo presidente del governo. Artur Mas, leader di Junts pel Si, l’uomo che dal 2012 sta portando la Catalogna ad uno scontro sempre più duro con lo stato centrale, voleva essere eletto nuovamente presidente.
Ma i 10 deputati della CUP, un partito indipendentista della sinistra radicale, non lo volevano ed hanno votato contro ad ogni votazione. Questo tira e molla fra indipendentisti è proseguito per mesi, e se oggi non si fosse riusciti a eleggere un presidente la Catalogna sarebbe tornata a votare per sciogliere lo stallo. Le elezioni anticipate erano ormai date per certe ma all’ultimo momento è arrivato l’accordo: il nuovo presidente non sarà Artur Mas ma il sindaco di Girona Carles Puigdemont.
Il nuovo presidente del governo Catalano, Carles Puigdemont

Carles Puigdemont, subito dopo essere stato eletto, ha affermato che il programma da lui perseguito sarà lo stesso di Artur Mas. L’impressione è quindi che il nuovo presidente sarà soltanto un “burattino” manovrato da vicino dall’ex presidente Artur Mas, che continuerà da dietro le quinte a manovrare le scelte.
Puigdemont ha confermato che il piano secessionista verrà effettuato entro 18 mesi, come promesso in campagna elettorale.
Il colpo di scena in Catalogna ha ripercussioni sulla situazione politica nazionale
L’elezione di Puigdemont e lo sblocco dello stallo in Catalogna con la formazione di un governo indipendentista è arrivato come una bomba a Madrid, dove i partiti politici studiano da settimane le possibili alleanze per formare il governo della nazione dopo il risultato delle elezioni generali del 20 dicembre.
Il partito più danneggiato dalla svolta catalana è il PSOE. I socialisti si stavano impegnando negli ultimi giorni per una coalizione delle sinistre sul modello portoghese. Una alleanza che unisse socialisti con Podemos e Izquierda Unida, anche se questo non avrebbe comunque portato alla maggioranza.
Il punto debole di questa alleanza è però l’intransigenza di Podemos su uno dei suoi punti programmatici: il referendum in Catalogna per chiedere ai catalani se vogliono essere indipendenti dalla Spagna. I socialisti non accettano il referendum, e la nuova situazione di tensione fra stato centrale e Catalogna potrebbe portare ad un governo di unità nazionale PP-PSOE, visto fino a ieri come una eventualità assai improbabile.
Certo è che con la Catalogna che si avvia verso la secessione la Spagna non potrà permettersi mesi di stallo, nè di convocare nuove elezioni. In questo caso i partiti tradizionali, i protagonisti del bipartitismo degli ultimi 30 anni, potrebbero decidere di unirsi per “salvare la patria”.
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