Emergenza coronavirus in Italia e Spagna, restare a casa? Per milioni di lavoratori non è possibile. E scattano gli scioperi

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MADRID. Da settimane ormai l’invito in Spagna e Italia è restare in casa per frenare l’espansione del coronavirus. Sono state prese misure molto restrittive nei due paesi, e milioni di lavoratori restano in casa lavorando a distanza dal proprio domicilio.

Ci sono però milioni di lavoratori per i quali l’invito a restare in casa non è un’opzione possibile. Oltre al personale sanitario, il cui lavoro prezioso e indispensabile viene applaudito ogni giorno nei due paesi dai balconi, dalle finestre e con tante iniziative di solidarietà, ci sono una lunga lista di lavori che non si possono realizzare da casa a meno che non venga sospesa l’attività.

Quando restare a casa non è un’opzione

In Italia da settimane si parlava della necessità di chiudere aziende, fabbriche, lavori edili, call center per garantire la sicurezza dei lavoratori, altrimenti costretti a spostamenti con mezzi pubblici o a lavorare a contatto con altre persone. Le misure ulteriormente restrittive prese nel fine settimana del 21 e 22 marzo hanno portato alla chiusura di “attività non essenziali”, e dovevano servire proprio a ridurre ulteriormente questi spostamenti di lavoratori, ma quello che emerge nelle ultime ore è che sono ancora molte le aziende aperte. Il quotidiano “il manifesto” denuncia oggi: “Altro che ‘essenziali’: in 12 milioni ancora al lavoro“.

Scioperi in Italia: i sindacati chiedono sicurezza per i lavoratori

Ci sono stati scioperi nelle ultime ore e domani mercoledì 25 marzo si fermeranno gli operai metalmeccanici in Lombardia. Viene denunciata anche una poca attenzione alla sicurezza dei lavoratori, mancano le mascherine ed altre misure di protezione.

la Repubblica. 22 marzo 2020. Scattano i primi scioperi in Italia. Il 25 marzo, scioperano i metalmeccanici in Lombardia

Il Governo avrebbe allungato la lista delle aziende aperte per andare incontro alle richieste di Confindustria, che dice: “non si può chiudere tutto”, preoccupata per i risvolti economici. I sindacati invece vogliono garantire la sicurezza dei lavoratori e minacciano lo sciopero generale se non verranno chiuse davvero tutte le attività non essenziali.

Scioperi anche nei supermercati e nelle banche

Ma non sono solo i lavoratori delle grandi aziende a chiedere di fermare tutto. Scioperi vengono proclamati anche nel settore delle banche e dei supermercati, dove i lavoratori hanno stretto contatto con i clienti.

Agitazioni nei call center

Fra le attività che restano aperte ci sono i call center. In certi casi sono effettivamente essenziali, come quelli per la gestione dei soccorsi o altri servizi di assistenza, ma restano aperti anche quelli per promozione commerciale. Anche qui la richiesta dei lavoratori, che continuano in questi giorni a lavorare a stretto contatto con i colleghi è di chiudere.

Servizi di consegna a domicilio

Una delle attività ancora permesse è quella della consegna a domicilio di pasti. Negli ultimi anni si è parlato molto dei “riders”, i fattorini di consegna pasti a domicilio che lavorano per imprese internazionali in situazione di forte precarietà e assenza di tutele. Ora, in un quadro in cui i contatti fisici diventano più pericolosi per l’espandersi della pandemia, le organizzazioni che tutelano i riders chiedono che venga proibita la consegna a domicilio e criticano l’assenza di misure di protezione per i lavoratori, ai quali non sono stati forniti mascherine e guanti.

Il Post. E’ una buona idea usare i servizi di consegna dei rider, in questi giorni?

Sospensione invece per alcuni tipi di lavori edili, ma non per tutti (possono continuare le ristrutturazioni e le riparazioni).

La situazione in Spagna

In Spagna la situazione è simile a quella italiana, se non peggiore. Circa una settimana fa, subito dopo la dichiarazione di stato di allerta, c’erano state agitazioni in grandi fabbriche e aziende dove lavorano migliaia di lavoratori per chiedere maggiori protezioni. Il caso della fabbrica della Mercedes nei Paesi Baschi, dove i lavoratori hanno protestato portando alla chiusura delle attività, sono rimasti emblematici dei primi giorni di crisi coronavirus in Spagna, ma sono rimasti isolati.

Come in Italia, sono rimaste aperte molte attività nelle quali il lavoro presenziale è indispensabile, e per le quali non si può lavorare con un computer da casa. E’ il caso dei call center. Da Madrid e dalle altre città spagnole arrivano testimonianze di call center che funzionano a pieno regime senza che sia stata garantita ai dipendenti la giusta protezione, sia in termini di distanza che di strumenti (assenza di mascherine, guanti).

eldiario.es Cuando quedarse en casa no es una opciòn

Viene denunciato poi il fatto che i lavoratori sono costretti a spostarsi, molti di loro utilizzando i mezzi pubblici. Sebbene sia crollato l’utilizzo di bus e metro nelle grandi città, questo non ha evitato che si generassero in certe occasioni agglomerazioni di passeggeri, come accaduto del resto anche a Milano in questi giorni di emergenza.

Ci sono poi, come in Italia, i metalmeccanici delle grandi fabbriche, i fattorini delle consegne a domicilio, gli operai della costruzione. Sono attività queste, che non sono ancora state bloccate. Il governo spagnolo sta “guardando di traverso l’Italia” in questi giorni (è il titolo di un editoriale de El Paìs), cercando ancora una volta di evitare le misure più restrittive perché ha paura dei risvolti sull’economia, ma crescono i malumori fra le categorie di lavoratori che devono ogni giorno spostarsi dalle proprie case per forza, senza poter seguire l’invito delle autortià, “yo me quedo en casa”.

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Lorenzo Pasqualini

Madrid a El Itagnol
Giornalista italiano a Madrid, caporedattore di Meteored Italia e autore-fondatore del sito di informazione "El Itagnol - Notizie dalla Spagna e dall'Italia".