In Spagna tutti lo conoscono come il “23F”, ed è la data di un evento che ha rischiato di ripiombare il paese nel peggior incubo. Il 23 febbraio del 1981, a meno di sei anni dalla morte di Franco e a due anni dall’inizio della prima legislatura della democrazia, alcuni comandi militari tentarono un colpo di Stato.
Il golpe fallì, ma ci furono ore di terrore ed il serio rischio che la Spagna, che si risollevava a fatica da decenni di dittatura, ripiombasse nel buio.
L’irruzione dei militari nel Parlamento
Tutto iniziò alle 18.22 del 23 febbraio 1981, quando nel Congresso dei Deputati di Madrid si stava tenendo l’investitura del nuovo presidente del governo, Leopoldo Calvo-Sotelo, che avrebbe sostituito Adolfo Suarez appena dimessosi. Proprio mentre era in corso la votazione, un manipolo di militari appartenenti alla Guardia Civil entrarono nel Parlamento armati di mitraglietta. Fra lo sconcerto dei deputati e quello dei giornalisti presenti, il colonnello Antonio Tejero salì sulla tribuna urlando “Quieto todo el mundo!” (tutti fermi!). Pochi istanti dopo, mentre Gutiérrez Mellado, militare nonché vicepresidente del governo, intimava a Tejero di lasciare l’arma scontrandosi fisicamente con i militari, ci fu una lunga scarica di colpi in aria. Caddero alcuni intonaci e ci furono alcuni feriti. I buchi causati dalle pallottole sono ancora visibili nel Congreso di Madrid.
La scarica di colpi ed i deputati che restano seduti
Fu allora che la maggior parte dei deputati si nascose dietro i banchi del Parlamento. Soltanto Santiago Carrillo, segretario del Partito Comunista di Spagna, e Adolfo Suarez, leader della Transizione spagnola, rimasero seduti. Come disse successivamente in una intervista, Carrillo non restò seduto per particolare coraggio o eroismo ma perché era sicuro che lo avrebbero ucciso quella notte e voleva morire in “modo dignitoso“, come rappresentante del partito di cui era segretario.
Mentre a Madrid veniva attaccato il Parlamento, cuore della democrazia, a Valencia si verificava il sollevamento militare capeggiato da Jaime Milans del Bosch. Nella terza città spagnola il tentativo di golpe fu particolarmente impressionante per i cittadini, perché decine di mezzi corazzati e carri armati dell’esercito, oltre a 1800 uomini, vennero dispiegati nelle strade cittadine ed intorno la città. Venne dichiarato lo stato d’eccezione e per una notte la città mediterranea tornò agli anni della dittatura franchista.
Defezioni fra i militari ed il discorso di Re Juan Carlos

Diversi comandi militari però, non si unirono ai comandi sollevati. Le defezioni furono numerose, ed all’1 e 14 di notte, in una Spagna barricata in casa, il Re Juan Carlos comparve in televisione con un discorso in diretta di duro attacco ai golpisti ed a favore della Costituzione del 1978. Un momento storico per la Spagna. Il sequestro dei deputati in Parlamento durò 18 lunghissime ore. Il 24 febbraio però, il giorno dopo, la Spagna poté tirare un sospiro di sollievo. Il golpe era fallito.
I giornali escono in edicola per appoggiare la Spagna democratica
Nelle ore precedenti al discorso del Re, bisogna menzionare anche l’importante ruolo svolto dalla stampa. I giornali El Paìs e Diario 16, appena fondati, simbolo del giornalismo libero in una democrazia giovanissima, uscirono coraggiosamente in edicola con i dettagli su quanto stava succedendo e con un chiaro messaggio di appoggio alla democrazia ed alla Costituzione.
Molti dei giornalisti che lavorarono a quelle edizioni straordinarie, scrivevano i loro articoli con il cuore in gola, di fronte alla seria possibilità di un arresto imminente.
I video dell’irruzione armata nel Parlamento di Madrid
La telecronaca del tentato golpe del 23 febbraio ha un valore ed una carica emotiva enormi. I momenti drammatici dell’irruzione militare nel Parlamento di Madrid vennero filmati da una troupe, e resta per sempre registrata la voce rotta dei cronisti, che annunciano “qualcosa sta succedendo, abbiamo sentito degli spari”. Prima di finire a terra per proteggersi dalle scariche di mitraglietta.
Lorenzo Pasqualini
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