“Attentato contro l’integrità dello Stato”: quei 41 dirigenti della Lega Nord rinviati a giudizio nel 1998, volevano la Padania

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Umberto Bossi, leader della Lega Nord fra gli anni ’90 e i Duemila. (foto: Wikimedia)

In queste ore si parla molto della sentenza ai leader indipendentisti della Catalogna, del reato di sedizione di cui sono stati accusati (qui la spiegazione per sapere di che si tratta e se vi siano reati simili in Italia), e delle proteste in corso. Abbiamo parlato anche delle reazioni del mondo politico e dei giornali, che riflettono vedute diverse della situazione. La domanda adesso è: “ci sono casi confrontabili in Italia”?

Sentenza ai leader catalani, ci sono stati casi simili in Italia?

Come sempre, dalle colonne del Itagnol invitiamo alla massima cautela nel confrontare paesi diversi come l’Italia e la Spagna, con storia politica e territoriale molto diversa. Qualsiasi tentativo di confronto può sfociare in errori di interpretazione, a meno che questo non sia semplicemente uno spunto in più per leggere la situazione.

Abbiamo ritenuto interessante andare a vedere cosa accadde in Italia negli anni Novanta, circa vent’anni fa, in un periodo di tensione dovuto al secessionismo del nord Italia. L’indipendentismo “padano”.

Nessun parallelismo

Con questo, El Itagnol non vuole fare parallelismi fra la situazione della Catalogna e quella del nord Italia degli anni ’90: a riguardo hanno comunque già scritto molti esperti, individuando le similitudini e le differenze fra i due movimenti e fra le due storie, ed esiste una discreta letteratura al riguardo. Non è intenzione di questo articolo andare ad analizzare questi aspetti.

I 41 leader indipendentisti della Lega Nord sotto processo

L’indipendentismo padano, in Italia, raggiunse il momento di massima mobilitazione fra il 1996 ed il 1997. Il 15 settembre del 1996 l’allora leader della Lega Nord, Umberto Bossi, proclamò dalla piazza, a Venezia, la secessione della Padania dall’Italia. Fu una semplice manifestazione, peraltro con pochi partecipanti in piazza, che venne etichettata come flop dai media italiani ed internazionali.

Il 25 maggio del 1997 vi fu anche una consulta, non riconosciuta dallo stato italiano e quindi senza nessun valore legale, che venne considerata dagli indipendentisti padani un “referendum”: votarono a favore della secessione, secondo gli indipendentisti, quasi 5 milioni di persone nel nord Italia, una cifra che sarebbe molto al di sopra dei numeri reali. “Estas cifras han impresionado poco al Gobierno y a la oposición, que consideran que no tienen credibilidad” – scriveva il giornale spagnolo El Paìs il 27 maggio del 1997, all’indomani della consultazione.

padania italia elpaisEntrambi gli eventi, quello del 1996 e quello del 1997, non ebbero neanche lontanamente la ripercussione che ha avuto in questi ultimi  anni l’indipendentismo catalano, né in termini di mobilitazione popolare (così titolava il giornale spagnolo El Paìs all’indomani del “referendum” padano: “gli italiani voltano le spalle alla Padania indipendente proclamata da Bossi“) né in termini di attenzione mediatica, né di credibilità, né di mobilitazione delle forze dell’ordine, ma portarono alla reazione della magistratura italiana.

La reazione della magistratura: rinviati a giudizio 41 leghisti

Il procuratore di Verona, Guido Papalia, mise sotto accusa 41 esponenti della Lega Nord. Fra questi molti parlamentari leghisti di allora, da Bossi a Gnutti, fino a Maroni e Borghezio. Il rinvio a giudizio arrivò nel gennaio del 1998 (qui l’agenzia stampa del 29 gennaio 1998).

La costituzione della “Guardia Nazionale Padana”

I dirigenti finirono sotto accusa anche per la creazione della cosiddetta “Guardia Nazionale Padana”, una sorta di polizia padana ribattezzata “camice verdi”: questo portò al rinvio a giudizio di 36 persone con l’accusa di “costituzione di organizzazione paramilitare”. Le ex “camice verdi” sono state assolte nel 2017, con tanto di risarcimento dello Stato (settemila euro a testa).

L’inchiesta sul secessionismo padano di Repubblica, del 2011

“Attentato all’integrità dello Stato”

L’accusa rivolta ai leader leghisti era molto pesante: “attentato all’integrità dello Stato” (articolo 241 del codice penale), che in Italia prevedeva allora la pena dell’ergastolo. Il processo, come spesso accadde in Italia, subì una serie di ritardi che ne dilatò i tempi di esecuzione.

Emeroteca: Bossi rinviato a giudizio per “attentato all’integrità dello Stato”

Nel 2006 arrivò la decisione del governo Berlusconi III (governo di coalizione al cui interno c’era anche la Lega Nord) di depenalizzare l’articolo 241 del c.p, inserendo peraltro la necessità della presenza dell’uso di violenza, e portando a 12 anni di carcere la pena. Una modifica che venne letta dalle opposizioni come ad personam, cioè fatta apposta per evitare ai dirigenti leghisti, soci di governo, di finire condannati per quella stagione secessionista.

“La legge ‘ad Legam’ che salva il Carroccio”

Il processo in questione si è concluso nel 2017, dopo vent’anni, con l’assoluzione di tutti i leghisti. Nel frattempo, del resto, una serie di reati a loro contestati erano stati depenalizzati dai governi Berlusconi.

1998, quando la Lega Nord diceva: “siamo prigionieri politici”

Dopo la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero veronese Papalia, nell’inverno del 1998, Roberto Maroni, uno dei principali dirigenti della Lega Nord, pronunciò queste parole: “siamo prigionieri politici, ci rifiutiamo di essere processati da un pubblico ministero che mette sotto accusa le opinioni della Lega. Per questa ragione non saremo nell’aula dove viene celebrato un processo politico”.

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Gennaio 1998, un articolo del giornale la Repubblica.

Lo stesso Maroni, che diventerà negli anni a seguire più volte ministro dei governi Berlusconi e poi presidente della Regione Lombardia, disse nel gennaio del 1998, subito dopo i rinvii a giudizio: “alla Lega nord capita oggi ciò che non e’ capitato al MSI (il Movimento Sociale Italiano, n.d.r.) dopo la Liberazione, e non e’ capitato al partito monarchico”.

“Trasformeremo questo processo in un processo al Codice Rocco, ai reati di stampo fascista e ai magistrati come Papalia che vogliono cancellare la libertà di espressione del pensiero”. Queste le sue parole.

Due storie molto diverse, ma sono più o meno le stesse parole che oggi pronunciano i leader indipendentisti catalani, parlando di “sentenza politica” e “prigionieri politici”.

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Lorenzo Pasqualini

Madrid a El Itagnol
Giornalista italiano a Madrid, caporedattore di Meteored Italia e autore-fondatore del sito di informazione "El Itagnol - Notizie dalla Spagna e dall'Italia".