L’intervista all’attore italiano Riccardo Rigamonti, a Madrid con “Kohlhaas” e “Italianeses”

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L’attore italiano Riccardo Rigamonti a Madrid durante l’esibizione in “Italianeses”. Foto di Áureo Gómez.

Nei primi mesi del 2023, l’attore italiano Riccardo Rigamonti è tornato sul palco presso il Teatro del Barrio di Madrid, con la nuova operaItalianeses“, basata su fatti realmente avvenuti. Dopo il grande successo ottenuto con “Kohlhaas”, la nuova rappresentazione di Rigamonti ha ricevuto grande attenzione da parte dei giornali madrileni. 

In attesa di nuove esibizioni di questo attore italiano, che ha trovato nella capitale spagnola il luogo dove poter esprimere le sue potenzialità e la qualità del suo teatro con la compagnia NadaDeLirios, pubblichiamo questa intervista a cura di Lorenzo Pasqualini, autore e fondatore del sito “El Itagnol”, nella quale Riccardo Rigamonti ci parla della sua carriera di attore teatrale nella capitale spagnola e della sua storia come italiano a Madrid.

‘Italianeses’, Riccardo Rigamonti presenta la sua nuova produzione nel Teatro del Barrio di Madrid (gennaio e febbraio 2023)

Intervista all’attore italiano Riccardo Rigamonti, a Madrid con “Kohlhaas” e “Italianeses”

Riccardo Rigamonti, prima di parlare della tua ultima opera, “Italianeses”, qual è la tua storia, come hai mosso i primi passi nel teatro?

Sono arrivato a Madrid nel 2011. Mia madre è calabrese, e per questo mi ritrovo un poco anche nel personaggio di Italianeses, che ha padre calabrese. Mio padre invece è piemontese, di Ivrea. Io vivevo vicino Pavia, a Voghera, ed ho frequentato l’università a Pavia. Ho iniziato a fare teatro all’età di 16 anni in un laboratorio scolastico, con una compagnia, e facevamo ogni anno uno spettacolo, giravamo l’Italia. Da allora non ho più smesso. Sono arrivato qui a Madrid con un lavoro di presentatore televisivo ma comunque ho continuato a lavorare nel teatro, che mi ha sempre affascinato.

In Italia mi ero formato con un ex-allievo di Grotowski, a Torino, in un laboratorio dove facevamo balzi e salti otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana, un teatro fisico grotowskiano. Da lì poi ho continuato un percorso mio a Pavia: con un compagno avevamo fondato un gruppo di ricerca, ho fatto anche dei corsi di teatro nelle carceri, lavorando con dei detenuti, ogni anno montavamo un testo diverso. E poi sono arrivato qui a Madrid, e cercando di integrarmi un po’ nel tessuto madrileno piano piano ho iniziato a lavorare in una compagnia di teatro in inglese, facevamo teatro educativo. Nel 2016 ho trovato poi la possibilità di produrre ‘Kohlhaas’ fino ad oggi, il 2023, con ‘Italianeses’.

Ecco sei arrivato quindi a Madrid nel 2011: qual è stato il tuo primo rapporto con la città e qual è il tuo rapporto oggi?

Sono arrivato qui a Madrid che conoscevo degli italiani che avevano studiato a Pavia e che mi hanno un po’ introdotto un po’ sia nella comunità italiana che nella vita madrilena, con la ruta dei bar, le passeggiate per il Rastro…pian piano mi sono integrato. Devo dire che ho sempre lavorato con spagnoli e da quel punto di vista mi sono integrato molto facilmente. Oggi non sono neanche troppo legato al fatto dell’Italia. Sono cresciuto lì e nato lì ma adesso vivo qui, mi integro con quello che ho qui. Abbiamo il nostro gruppo di italiani su WhatsApp, ma mi sono sempre trovato bene qui, anche perché mi sento una mescolanza di culture diverse. Alla fine a Madrid quasi nessuno è nato qui, è un posto dove si uniscono cose di luoghi molto diversi sia fuori che dentro la Spagna, quindi mi sono trovato molto bene. E anche nel lavoro questa città mi ha dato la possibilità di sviluppare dei progetti che forse non sarei riuscito a fare in Italia.

Nel 2023 quindi hai presentato “Italianeses”, ci puoi parlare un po’ di questa tua produzione? Di cosa si parla?

“Italianeses” è una traduzione del termine ‘italianesi’, bellissimo testo di Saverio La Ruina che unisce la parole “italiani” e “albanesi”, per raccontare la storia curiosa, dimenticata e tragica di figli di italiani nati in campi di concentramento in Albania negli anni ’50. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale Mussolini aveva invaso l’Albania, rimasero lì molti italiani, sia soldati che civili. Non tutti riuscirono a tornare in Italia, nacquero bambini e bambine che in parte sono cresciuti in questi campi come prigionieri politici.

La cosa che più mi ha colpito di questa storia è che il personaggio centrale, Tonino, che Saverio costruisce basandosi su testimonianze reali, non accusa mai nessuno, ha uno sguardo candido, quasi uno sguardo di bambino. E per questo la storia a volte passa anche per momenti di piccole risate, di sorrisi, perché è una storia vista da uno sguardo innocente che semplicemente dice: “guardate che è successo, sono stato 40 anni in un luogo, prigioniero perché italiano, e poi quando arrivo in Italia mi trattano come albanese”. E da lì questo titolo, “Italianeses”.

Abbiamo potuto vedere ‘Italianeses’ a gennaio e febbraio di quest’anno, sarà possibile vederla di nuovo?

Italianeses si rappresenterá il 25 di Giugno a Castro Urdiales, dentro la programmazione del festival internazionale di teatro unipersonale. Poi il 5 di Ottobre al teatro Fernando De Rojas di Toledo e al Teatre Sans di Palma de Mallorca, il 27, 28 e 29 di Novembre. A Palma guideró anche un laboratorio per attori sul canto corale e sul movimento, strumenti che mi servono ad entrare nel “flusso” necessario a rappresentare uno spettacolo mantenendo sempre viva l’attenzione dello spettatore. Presenteró anche Kohlhaas il 19 Ottobre a Badajoz e il 20 impartiró una classe magistrale di interpretazione.

Parlaci un po’ della compagnia teatrale Nada de lirios.

NadadeLirios è stata fondata insieme a mia moglie, María Gómez: abbiamo cominciato proprio con “Kohlhaas” e dal mio punto di vista era un po’ portare qui in Spagna, a Madrid, testi che mi avevano marcato come attore e che qui non si conoscono. Far conoscere un po’ la drammaturgia italiana in Spagna.

Quali progetti avete per il futuro?

Continueremo con nuove cose, uno spettacolo che scriverà mia moglie, un nuovo monologo che stavolta sarà interpretato da lei. In quel caso io la aiuterò con la regia mentre di solito lei mi aiuta con la regia per le mie cose. Io ho ancora in repertorio Kohlhaas, che continua  a girare, e poi ho uno spettacolo familiare per bambini dai 6 anni, anche questo basato  su teatro di narrazione e su storie tradizionali europee che ho rimodellato e rimasticato sulla base della storia infinita in cui un bimbo entra in un diario, il diario segreto dei fratelli Grimm, perché il mondo della fantasia viene minacciato da un mostro che sta mangiando tutto.

È un po’ il messaggio che sta dietro questi spettacoli, anche quelli che faccio per gli adulti, cioè non dimenticare la nostra immaginazione, il potere che abbiamo di immaginare mondi differenti. Perché credo che se smettiamo di immaginare e ci ciucciamo tutto ciò che ci propongono gli schermi, non possiamo più intravedere la possibilità di cambiare le cose. Io poi ho un figlio di 6 anni, quindi è particolarmente importante questo spettacolo: cerco sempre di mantenerlo lontano dagli schermi e mantenere viva in lui questa cosa che abbiamo innata e che ci ha permesso di sopravvivere come specie, a volte anche in maniera troppo aggressiva verso le altre specie, che ci ha permesso di immaginare, costruire mondi possibili, diversi.

Il prossimo progetto per adulti ancora non c’è ma è lì, nella mia testa, vorrei continuare comunque sula linea della narrazione, che mi affascina molto. E vorrei continuare nella direzione di stimolare nel pubblico questo muscolo dell’immaginazione che abbiamo, per creare insieme, sia l’attore o l’attrice, un mondo diverso in uno spazio diverso da quello della quotidianità.

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Lorenzo Pasqualini

Madrid a El Itagnol
Giornalista italiano a Madrid, caporedattore di Meteored Italia e autore-fondatore del sito di informazione "El Itagnol - Notizie dalla Spagna e dall'Italia".